È un rimorso che non troverà pace. Lo so. Come quella strana inquietudine che cresce con l’età, insieme al bisogno sempre più compulsivo (una smania, diremmo) di raccontare il proprio e l’altrui passato, di trasmettere le proprie esperienze e quelle mutuate da altri prima di noi, nella speranza di essere in qualche modo utili (a tanti o ai pochi vicini a noi) a trovare la strada del proprio futuro, della propria vita.
Tante immagini e parole, visi e voci, si affastellano nella memoria e sembrano implorare (o addirittura, a volte, pretendere) di essere portati alla luce, come irripetibile occasione di ritrovare un presente, una platea, un pubblico o di trovar posto definitivamente nelle pagine della storia, intesa come memoria collettiva ed indelebile.
È per questo che abbiamo pensato di attivare in questo blog una sezione, un filone che chiameremo (parafrasando ed adattando alla nostra lingua il famoso film di Fellini) M’arcord’, destinato a diventare una sorta di scrigno in cui ognuno possa depositare (volendo e sapendo raccontare) un pezzo della propria storia; e prelevare, allo stesso tempo, mutuare, all’occorrenza, qualche aneddoto di vita vissuta, tragico o leggero, di altri che hanno voluto condividere.
Ci piace aprire questa nuova avventura con un racconto grazioso, gustoso di Alberto Muro (Sindaco di Castelgrande, ma soprattutto uomo di mille risorse, di grande intensità emotiva ed intellettuale: una straordinaria risorsa culturale ed umana della nostra Terra), pescandolo dai suoi ricordi di infanzia.