In contemporanea e, qualche volta, in sostituzione, delle pagine principali che settimanalmente hanno l’ardire di presentare piccole pepite della nostra storia lucana, proveremo a dare spazio ad una linea di poesie, sonetti, anche qualche commedia, di grandi autori lucani dei secoli passati. Si tratta, a nostro avviso, di una straordinaria produzione letteraria che, dalla scuola Federiciana a tutto l’ottocento, ha tenuto testa, senza sfigurare, a tutte le scuole europee più conosciute.
Ci si potrà facilmente rendere conto che non si tratta di autori minori, o di nicchia (come si direbbe oggi, ostentando compassionevole superficialità), ma di veri e propri giganti della letteratura italiana. Poco conosciuti, o poco considerati, perché ognuno di loro, per proprie vicende personali o per condizioni politico-geografiche oggettive, è finito fra gli sconfitti della storia.
Vorremmo provare ora a farne un recupero, senza pretese di assurgerci a critici letterari, presentandoli un po’ alla volta, con allegria e con leggerezza, come una sorta di avanspettacolo, facendoli parlare direttamente, o facendoli presentare a contemporanei, o loro editori.
Ci auguriamo di non annoiarvi e, anzi, di suscitare curiosità ed un rinato orgoglio lucano.
Ora, nell’ardimentosa impresa in cui abbiamo deciso di cimentarci per sostenere, nel nostro piccolo, la candidatura di Venosa a Città Italiana della Cultura per il 2021, ci viene spontaneo (ma anche facile, come potrete vedere) scegliere, per l’esordio, il grande poeta venosino Luigi Tansillo.
Chi era Luigi Tansillo? Le ombre sul suo luogo di nascita le facciamo diradare dal Marchese di Villarosa nella sua pubblicazione del 1834: “Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere, antichi e moderni, del regno di Napoli”, in cui ci rammenta (pagg. 217-218) che: Nella patria ove l’istesso Flacco ebbe la culla, cioè in Venosa, nacque il Tansillo da nobil famiglia stabilita molti anni prima in Nola, città antichissima del Regno di Napoli, e da una tale origine si è creduto che fosse egli ancora colà nato. Ma da un capitolo che il Tansillo indirizzò al Vicerè D. Pietro di Toledo per indurlo ad esentar Venosa da militari alloggi, pubblicato nel 1551, si rileva di esser nato in Venosa. Eccone le parole:
Mio Padre a Nola, io a Venosa nacqui,
L’una origin mi diè, l’altra la cuna,
E che ne versi miei talor non tacqui.
È nobil patria l’una e l’altra; e l’una
E l’altra un tempo fu possente e grande;
Ma così regge il mondo la fortuna.
Luigi Tansillo, – scriveva nel 1870 l’editore de “Capitoli Giocosi e Satirici di Luigi Tansillo editi ed inediti con note di Scipione Volpicella”, – è stato sempre tenuto in grandissimo pregio. Basta rammemorare che Annibal Caro lo stimò rarissimo ingegno, Torquato Tasso il pareggiò al Costanzo ed al Rota, e Tommaso Stigliani il credette superiore al Petrarca. Egli, a cui procacciarono singolar fama lo spirito osceno per le giovanili stanze del Vendemmiatore e lo spirito religioso pel poema Le Lagrime di San Pietro, fu valentissimo nelle poesie liriche e ne’due poemetti didascalici Il Podere e La Balia.
Ebbe vita non lunghissima (morì a Teano il primo dicembre 1568), ma intensa, vissuta per lo più alla corte vicereale di Napoli (In Napoli spese gran parte della sua vita al servizio della Casa di Toledo, cioè di D. Pietro, che fu Viceré molti anni, e di D. Garzia suo figliuolo, che…teneva il Tansillo quasi di continuo nella sua Corte – ci ricordano gli editori entusiasti di una sua raccolta di poesie, nel 1782). Era il Tansillo non meno valoroſo, che letterato – proseguono poi gli stessi editori – e per questa ragione Ortensio Landi a car. 437 de’ suoi Cataloghi lo chiama Poeta amoroso, e Soldato ardito. D. Garzia di Toledo, che nella sua lunga dimora in Napoli ne aveva conosciuto e l’ingegno, e il valore, essendo stato dall’Imperador Carlo V eletto Generale dell’Armata Spagnuola per l’impresa dell’Africa, volle aver seco il Tansillo, che lo servì fedelmente in quella felice spedizione, in cui restò eſpugnata la Città d’Africa nella costa di Barberia, detta anticamente Afrodisio.
Dal Vendemmiatore, pubblicato nel 1534 contro la sua volontà (che, come vedremo più avanti gli procurò gli strali della Sacra Romana Inquisizione, che lo mise all’indice), quando non aveva ancora 25 anni, per quanto lui stesso afferma in versi
Error fu giovanile
quel, ch’attempato oggi riprendo e scuso:
Che ‘l quinto lustro ancor non avea chiuso
alle Lacrime di San Pietro, che furono pubblicate solo postume, ebbe modo di dare alla luce una copiosa e straordinaria produzione letteraria, in cui si annoverano sonetti, odi poesie, madrigali, satire, canzoni ed alcune commedie (fra tutte: La Balia, Il Cavallerizzo e Il Podere), che si leggono e si gustano davvero con leggiadria, come ebbe a dire lo stesso Torquato Tasso.
Vogliamo proporvi oggi, per anticiparvene un assaggio, l’incipit di “In lode del tingere i capelli”, che Luigi Tansillo dedica all’amico Simone Porzio (padre di Camillo Porzio, autore de “La Congiura de Baroni del Regno di Napoli sotto il Re Ferdinando I”) che il Marchese di Villarosa pubblica a Napoli il 1820 come dono per le “Nozze De Germani Fratelli Marcantonio e Benedetto De’ Conti Baglioni-Oddi Patrizi della Citta’ Di Perugia con le due Sorelle Lavinia Ed Agnese Vermiglioli Patrizie Della Medesima Citta”, accompagnandolo con queste parole: … mi son risoluto appigliarmi col pubblicare un inedito Capitolo del rinomato nostro Poeta Luigi Tansillo ed a Voi intitolarlo, che raggirasi su le lodi del tingersi i capelli: argomento, che, se non vado errato, può non lieve diletto recare alle sagge Spose, delle arti ingenue ancora non infime coltivatrici.
In Lode Del Tingere I Capelli
Capitolo Inedito
di Luigi Tansillo
a Simone Porzio
Quante volte vi ho detto, Signor Porzio,
Tingetevi i capelli, se volete
Che sia gradito il vostro bel consorzio.
Ecco, che bianca testa, e barba avete
Venti anni avanti tempo; e vi bisogna
Molto, per trar le belle in vostra rete
Pare agli altri ed a voi che sia vergogna
Il tinger i capelli, e sia disnore,
E sia quasi tacendo dir menzogna;
Ed io dico, che siete in grand’errore,
Ché il tingersi le chiome è nobil atto
Non pur di scusa degno, ma di onore,
Così l’aveste voi d’allora fatto,
Ch’avria posto buon conto al viver vostro,
Talché terreste chi nol fa per matto.
Se tutto si cangiasse in negro inchiostro
Quanto su i volti s’han le donne sparso
Di bianco e rosso, al tempo antico e nostro,
A scriver della tinta saria scarso;
Ma perché il Mondo tanto non l’accuse
Di scriverne un Poema a voi mi ha parso.
Donne, che a farvi i capei d’or siete use,
Non abbiate in sentirmi ritrosia,
Voi siete le mie Dive, e le mie Muse;
Perché alcuna di voi meco ne stia,
Ad approvar ciò che al pensier mi detta
Calliope, e le altre otto vadan via.
Da buona intenzion guidata e retta
La penna mia, e la tingo secondo
Più mi piace, e la meno in piano, o in fretta.
Io dico che far negro, o rosso, o biondo
Il pelo bianco è cosa buona tanto
Che piace a chi goder vuole nel Mondo…