Riti e tradizioni a Sasso dalla notte dei tempi
Dai miei ricordi d’infanzia riemerge un rito propiziatorio che vedevo fare alle fanciulle in età da marito e che allora non comprendevo: mi risultava un po’ strano e forse anche un po’ sciocco, ma mi rendo conto che non ero attrezzato per capire le pene d’amore. Raccoglievano il giorno della vigilia di San Giovanni un cardo mariano in piena fioritura per poi esporlo, dopo averlo un po’ maltrattato (forse bruciacchiato), durante la notte dentro un bicchiere d’acqua: se il cardo si ravvivava, si sarebbero sposate entro l’anno.
Ho realizzato più tardi che questo rito è diffuso dappertutto e risale davvero alla notte dei tempi. Raccolgo alcuni esempi dal web: anticamente il cardo era utilizzato dalle fanciulle abruzzesi per trarre vaticini sul futuro sposo. In particolare, nella Vigilia di S. Giovanni, coglievano due cardi ai quali bruciacchiavano la testa. Al tramonto mettevano i due cardi in un bicchiere d’acqua sul davanzale della finestra della loro stanza, uno girato verso l’interno della stanza e l’altro verso l’esterno. Se la mattina dopo un cardo era dritto sullo stelo voleva dire che la giovane si sarebbe sposata entro l’anno. Se il cardo diritto era quello verso l’interno allora si sarebbe sposata con un paesano; viceversa se fosse stato dritto l’altro (verso l’esterno della casa) con un forestiero. Infine nel caso sfortunato in cui i cardi fossero rimasti entrambi piegati voleva dire che non vi sarebbero state nozze. In altri luoghi vi è usanza di raccogliere un cardo e bruciacchiarlo, nasconderlo in una fenditura del muro e la mattina aspettare di vederlo verde e fresco come appena colto, se così sarà vorrà dire che ci si innamorerà felicemente corrisposte entro l’anno.
Per la verità, nel mondo antico e nella tradizione contadina (che la mia generazione ha visto svanire irrimediabilmente) la notte tra il 23 e il 24 giugno è una notte molto particolare, magica, perché precede il solstizio d’estate, considerato un evento straordinario per l’unione tra Sole e Luna, ricco di energie benefiche per la terra e per le erbe bagnate dalla rugiada. I riti di questa notte affondano le loro radici nel mondo pagano contadino, poi, come spesso è accaduto per i culti più radicati e più duri a morire, assorbito dalle festività della religione cristiana. La leggenda vuole che proprio durante la notte che precedeva il solstizio si radunassero tutte le streghe per mettere in atto i loro sortilegi. E per proteggersi dalla cattiveria si usava posare di fronte alla soglia di casa un mucchietto di sale o una grande scopa per proteggersi contro l’intrusione delle streghe. Nella notte di San Giovanni, la rugiada che inumidisce i prati acquista miracolose facoltà rigenerative e rotolarsi nell’erba bagnata renderà il fisico scattante, vigoroso ed attraente. Questo rituale dicono che sia miracoloso per guarire quanti soffrono di reumatismi. In alcuni luoghi le famiglie si riunivano per ballare e cantare sino a notte fonda, intorno ad un albero di noce, e poi si raccoglievano le noci da utilizzare per la preparazione del nocino.
E quasi dappertutto, in questa notte tra il 23 ed il 24 giugno, si è convinti che alcune erbe raccolte bagnate di rugiada in questa speciale oscurità diventano prodigiose. La ruta, celebre per le sue proprietà contro lo stress e l’ansia, tonificante per le arterie e vasi capillari riduce l’infiammazione dell’artrite. L’artemisia, ritenuta erba con poteri anticancro, la salvia usata contro il mal di pancia, la menta, rimedio contro l’influenza, l’iperico – noto anche come “erba di San Giovanni”-, un tempo usato per cicatrizzare le ferite, il rosmarino per contrastare le calvizie, e l’aglio: “Chi non prende aglio a San Giovanni, è povero tutto l’anno”.