Primo Maggio di festa  oggi nel Viet-Nam, e forse, in tutto il mondo…

Così cantava qualche tempo fa il grande Claudio Lolli.

Sembra un’eternità; e non solo per gli anni passati: il mondo del lavoro, i rapporti nei luoghi di produzione e di erogazione di servizi (fino allo smart-working) sono totalmente cambiati. Le battaglie dei lavoratori per la conquista di diritti sindacali e civili sono un lontano ricordo, quasi patrimonio folkloristico di una nazione che non vi si riconosce più, o scene cinematografiche di film d’altri tempi.

Varrebbe la pena interrogarsi un po’ di più sulla dimensione e la funzione del lavoro nella nostra società attuale e su chi sono e cosa rappresentano i lavoratori oggi.

Soprattutto dovrebbe interrogarsi una sinistra sempre più distratta e affaccendata in banali, inutili e fumose battaglie di potere (fratricide e parricide, per di più!) o affannata ad apparire nel talk show più trend del momento o a spulciare il sondaggio di giornata (dopo un’apparizione televisiva o un’intervista compiacente su qualche giornale o rivista), con la stessa ansia con cui gli ex lavoratori (dipendenti o in proprio), ormai disoccupati, strofinano un grattino.

Ha ragione Mimmo Guaragna quando sostiene che: “c’è una remora a sentirsi lavoratore; è diventato molto più spontaneo collocare la propria appartenenza definendosi ambientalisti, solidali, democratici, consumatori e roba di questo genere; ma regge anche il dichiararsi populista o sovranista.” …

Ma questa nazione (che non ha potuto essere una “Repubblica dei Lavoratori”) è pur sempre una Repubblica democratica fondata sul lavoro; e lo è soprattutto nella mente della stragrande maggioranza degli italiani che, oggi più che mai, chiedono e difendono la dignità del lavoro.

A casa mia, famiglia di migranti strappati alle fatiche della nostra terra, la festa dei lavoratori era sacra, come il lavoro, che era visto come l’unica possibilità di riscatto.

E non faceva presa la chiesa con la sua mistificazione di San Giuseppe lavoratore. Non c’era ragione: era la festa dei lavoratori con le bandiere rosse!

Ci erano parzialmente riusciti con San Marco Evangelista al posto della Festa di Liberazione per il 25 aprile, perché, come ho detto altrove, non era molto vissuto il gaudio della liberazione.

I signori che c’erano prima continuavano ad essere ancora lì, imperturbabili (pur con la camicia bianca al posto di quella nera) e i giovani contadini e pastori di Sasso prendevano la via delle Americhe, in cerca di lavoro e nella speranza di una vita migliore, più dignitosa.

C’era stato sì, nel ’43, per qualche settimana, un accampamento tedesco, ma non si erano create tensioni con la popolazione e se ne erano andati in tutta fretta.

Con queste premesse, quando ero sindaco a Sasso, con la determinazione, quasi necessità (o forse, illusione: ora non so più) di fondare il mio mandato su un progetto che fosse credibile, realizzabile e, soprattutto, in grado di creare un moto collettivo, una spinta forte verso un obiettivo condivisibile, pensai che il futuro della comunità sassese poteva e doveva essere fondato sul lavoro, come la nostra repubblica.

Avevo perciò bisogno di un simbolo e di una cerimonia simbolica che tenesse uniti e motivati i miei concittadini.

Era, da qualche mese, morto, per un incidente sul lavoro (un incidente di carpenteria edile), un mio coetaneo ed amico d’infanzia, un compagno di giochi meno fortunato.

Pensai allora che fosse necessario imprimere il suo sacrificio nella memoria collettiva; e ricordare con lui tutti i nostri concittadini che avevano perso la vita sul posto di lavoro, a Sasso come in giro per il mondo.

Facemmo realizzare a dei bravi artigiani un monumento in pietra (l’elemento che ci rappresenta di più) dedicato ai caduti sul lavoro. E lo sistemammo sulla strada principale del paese, sul muro della chiesa madre, a poca distanza dal monumento ai caduti in guerra.

Ed istituimmo una cerimonia ufficiale, condivisa con il parroco, che partecipava con una benedizione solenne, consistente nell’apposizione di una corona di fiori ed una cerimonia di ricordo della dignità e della sacralità del lavoro, a cui partecipavano istituzioni, rappresentanti sindacali, INAIL, ecc.

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Durò tre anni, con momenti sempre molto toccanti e riflessioni importanti sulla sicurezza nel posto di lavoro.

Poi il mio mandato si interruppe ed anche il cerimoniale non trovò più motivazioni importanti per rinnovarsi. Ed io mi accorsi che quel bel proposito era stato più subito che condiviso dai miei concittadini e me ne feci una ragione.

Buon primo maggio a tutti

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